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sarete uniti e strettamente congiun-
ti insieme, tutte le potenze del mondo
non potranno vincervi, ma appena co-
mincerete ad essere divisi, sarete facil-
mente sconfitti» (SV IX, 279)
• una turnazione funzionale al bene
dei poveri:
[Nel servizio] Comincerà la priora,
seguirà la tesoriera, poi l’assistente, e
così una dopo l’altra, secondo l’ordi-
ne della loro iscrizione [o ingresso nel-
la Confraternita] fino all’ultima venu-
ta. Dopo, ricomincerà la detta priora,
la seguiranno le altre, osservando l’or-
dine cominciato, affinché con questo
continuo turno, i malati siano assistiti
sempre secondo queste norme, però tutto
in modo che, se qualcuna si ammala, sarà di-
spensata dal servizio avvertendo la priora, affinché
faccia continuare l’ordine delle altre. Ma se qualcuna è impedita da
qualche altra causa, farà in modo che un’altra serva al posto suo,
facendo il suo servizio in un caso simile. (Regolamento Chatillon n°5)
3. Specificità del servizio vincenziano
Si struttura nel tempo uno stile di carità con delle caratteristiche spe-
cifiche e con dei tratti prettamente “vincenziani”. È proprio in questi ele-
menti che possiamo riconoscere ed identificare lo “stile vincenziano” del
servizio ai poveri:
• assistere spiritualmente e corporalmente. Non mi soffermo su
questo punto avendo abbondantemente trattato la dimensione spiri-
tuale del servizio ai poveri. Semplicemente ricordo come per Vincen-
zo il servizio era innanzitutto uno strumento di testimonianza della
fede e, ove possibile, di evangelizzazione. L’assistenza materiale
era, per Vincenzo, solo il primo atto dell’intera azione di carità:
“In ciò egli voleva indicare due tempi a quelli che servono i po-
veri: l’uno durante il quale provvedono ai bisogni temporali, l’altro
in cui, mentre li servono o dopo averli serviti, dicono loro qualche
buona parola per indurli a prendere buone risoluzioni di vivere me-
glio.” (conf. FdC n° 42)
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