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È soprattutto con l’assistenza spirituale che si risponde, secondo
             Vincenzo, alla richiesta d’amore tradito o deluso dai tanti che si rivol-
             gono a noi.
                   Credereste, figlie mie, che Dio voglia da voi solamente che
               portiate ai suoi poveri un pezzo di pane, un poco di carne e di
               minestra e qualche medicina? No certamente, figlie mie; non è sta-
               ta questa la sua volontà scegliendovi per servirlo nella persona dei
               poveri. Egli aspetta da voi che provvediate sia ai loro bisogni
               spirituali sia a quelli materiali. (conf. FdC n° 23)
             Tutto questo era già ben compreso in quanto chiedeva alle serve dei
             poveri già nel 1617:
                   La prima cosa che [la dama] farà sarà di vedere se [il malato] ha
               bisogno di una camicia pulita, affinché, se è così, gliene porti una
               della detta Confraternita, insieme a lenzuola pulite [...] Fatto questo,
               lo farà confessare per poi fargli fare la comunione il giorno dopo,
               per il motivo che l’intenzione della detta Confraternita è che colo-
               ro che vogliono essere assistiti da lei, si confessino e si comunichi-
               no. Prima di tutto gli porterà un’immagine del Crocifisso che attac-
               cherà in un posto che possa vederlo, affinché, volgendo qualche
               volta a lui lo sguardo, consideri quello che il Figlio di Dio ha soffer-
               to per lui. (Regolamento Chatillon n°1)

          •  La visita domiciliare nel pensiero di Vincenzo era come un “passe-
             partout”, una chiave con cui scardinare la porta del cuore di chi si
             presentava per una semplice richiesta di pane.
             A partire dalla Francia del XVI secolo, si era sviluppata una severa po-
             litica repressiva nei confronti dei poveri, molti dei quali furono reclusi
             in apposite istituzioni allo scopo di organizzare e risolvere la questio-
             ne della mendicità. Vennero così fondati gli “ospedali generali” (in
             Italia chiamati “alberghi dei poveri” ). A Mâcon, tale progetto era falli-
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             to a causa del rifiuto di quella gente a lasciarsi rinchiudere negli ospe-
             dali. Questa concezione nata da una derivazione umanistico-rinasci-
             mentale del Vangelo vedeva “nella povertà una maledizione e nei
             poveri un pericolo per la società” (J. P. Gutton). I poveri, in sostan-
             za, facevano paura.


          1   Nel 1664 fu fondato a Genova l'Albergo dei Poveri per opera di Emmanuele Brignole. Nel 1693
          Innocenzo XII fondò nel palazzo del Laterano a Roma “l'Ospizio Apostolico dei poveri invalidi”. Nel
          1749 Ferdinando Fuga realizzò a Napoli il gigantesco “Real Albergo dei Poveri” (oltre 100.000 m²)
          su ordine del re Carlo III di Borbone.

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