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tagonisti di una Chiesa in uscita e attenta alle periferie esisten-
ziali tanto care al Santo Padre Francesco, attraverso la vicinanza
agli ultimi, l’amore misericordioso verso gli emarginati, l’abbrac-
cio liberante che Vincenzo ci ha insegnato e trasmesso.
2. In un contesto dove il valore della relazione e della dedizione sono in
crisi, dove il consumismo ed il relativismo hanno sublimizzato il con-
cetto del “tutto e subito” e del “finché ne ho voglia” rispetto al va-
lore del sacrificio e della fedeltà, un servizio svolto con costanza,
perseveranza e regolarità educa ad uno stile di vita più autentico.
La seconda sfida è quella di rilanciare un servizio svolto in grup-
po e in modo organizzato e costante, dove il confronto reale (e non
virtuale) aiuta a recuperare la capacità di dialogo, di relazioni, di emo-
zioni e sentimenti veri, Attraverso il servizio agli ultimi aiutare l’uo-
mo a recuperare umanità (cf Mengoni: “credo negli esseri umani che
hanno il coraggio di essere umani”). Si tratta di smentire con il proprio
impegno quella convinzione moderna che fa credere che il volontaria-
to sia fatto di episodi sporadici, di gesti eroici ma isolati, di un aiuto “a
tempo perso” o di un bonifico “alla Telethon”. Volontariato e carità ri-
chiedono, come ha insegnato Vincenzo de Paoli, tempo, dedizio-
ne, costanza, passione, sacrificio, dialogo e confronto.
3. Il proliferare di associazioni “camaleonte” che realizzano servizi in
virtù dei finanziamenti disponibili piuttosto che dei bisogni reali, attenti
più ai bilanci che alle persone, dove la povertà è catalogata secondo
schemi sociologici e non storie di vita, rende urgente e fondamen-
tale rilanciare e riaffermare il nostro “incontrare il povero nel suo
ambiente di vita” per metterci in ascolto della persona e non del bi-
sogno.
La terza sfida la vedo nell’ambito di uno stile di volontariato che,
partendo dai valori cristiani, mette al centro la persona e il pro-
prio territorio, i bisogni reali di chi mi sta accanto e mi interro-
ga con la sua presenza. In questo ambito considero fondamenta-
le la collaborazione con le Caritas parrocchiali e diocesane. Non è
più tempo di “farsi la guerra in casa”, ma di iniziare a collaborare
e creare rete nel rispetto delle specificità statutarie e in un’ottica di
complementarietà e sussidiarietà che ancora stentano ad affermar-
si a livello locale. Un esempio: diventare protagonisti della fase suc-
cessiva al primo ascolto che avviene nei centri d’ascolto, ovvero del-
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