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tini che ho tentato di far filtrare per avvertirli della mia situazione siano sta-
          ti intercettati), ricevo dall’ufficio matricola un foglio che mi fissa l’udienza
          per l’applicazione della Sorveglianza Speciale a fine pena.

             Comincio a capire che la mia decisione di rispondere al GIP come
          avevo risposto inizia a fare danni. Ho problemi anche economici perché
          il denaro che avevo al momento dell’arresto, circa 3.000 franchi svizzeri,
          è stato sequestrato. Non ho neppure un euro, niente francobolli, lettere,
          penne, carta. Insomma, niente di niente.

             Intanto il tempo passa leggendo e rileggendo faldoni di documenti,
          verbali di interrogatori dei canterini che mi avevano venduto, intercetta-
          zioni telefoniche e ambientali, confessioni dei co-interessati alla vicenda.
             Arrivò anche, ad un certo punto dell’estate, un ordine di custodia
          cautelare per… armi, gentilmente omaggiatomi da un solerte ispettore
          della Digos che probabilmente nulla di meglio aveva da fare se non con-
          vincere il GIP ch’io ero coinvolto anche in quello.

             Passandolo e ripassandolo, scoprii un cumulo di assurdità che avreb-
          be dovuto suonare un campanello d’allarme anche al più distratto dei
          magistrati. Ma niente! Andava bene così.
             A settembre una bella dose di notizie “preparate” filtrò sui giornali e
          sulle TV locali e mi resi conto che le indagini dovevano essere terminate.
             A ottobre potei fare il primo colloquio con i miei figlioli che essendo
          minorenni purtroppo vennero accompagnati dalla madre.
             Il G.U.P. fissò l’Udienza per il dibattimento il 15 dicembre. Avevo ri-
          fiutato il rito abbreviato perché sapevo bene di non avere grosse prove a
          carico e puntavo quindi a un’assoluzione piena.
             Finalmente il 15 dicembre arrivò. Era la data di nascita di mia madre e
          qualcosa mi diceva che dal Cielo qualcuno avrebbe “guardato giù”. Pur-
          troppo non fu così, la mia mamma probabilmente aveva altro da fare, o
          non era stata avvisata, e l’intercessione dal Cielo non arrivò perché il pro-
          cesso venne aggiornato al 14 febbraio e terminò con una condanna a 8
          anni e 6 mesi.
             Al ritorno in “hotel” ebbi la sensazione di essere stato incastrato per
          bene. Rifiutai con eleganza gli aiuti farmaceutici che l’assistente dell’in-
          fermeria mi propose, forse preoccupato che facessi qualche sciocchez-
          za. Neppure ci pensavo! Dopo il processo ero “atterrato” nella sezione

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