Page 57 - Aprile
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carcere. Il racconto all’inizio è intriso quasi di odio nei confronti della giu-
stizia e del suo sistema ma poi ...
“Sono stato arrestato il 2 maggio 2013 ad un casello dell’autostra-
da Milano – Laghi e continuo a pensare che se avessi solo per un istante
sospettato che quella macchina della “stradale” aspettava me e solo me,
sarebbe ancora in giro a cercarmi. Mi sono fermato pensando ad un nor-
male controllo documenti come altre volte era accaduto. Invece aspet-
tava me e, avevo saputo dopo, una loro sorella con sbirri a bordo mi at-
tendeva ad ogni uscita dell’autostrada. Oltre a quelle, una vettura civetta
mi seguiva da quando avevo lasciato Milano. Se l’avessi saputo, una ri-
presa al fulmicotone mi avrebbe sicuramente dato il vantaggio sufficiente
per sparire dalla loro vista. Le strade della zona e il motore della mia auto
avrebbero fatto il gioco mio. Invece mi ero fermato e lo sbirro che mi ave-
va chiesto i documenti, dopo una telefonata mi comunicava che, per un
piccolo controllo dovevo seguirli. Il suo collega, tolta la pistola dalla fon-
dina, si sedeva nella mia auto e diceva “andiamo!”. In Questura mi ave-
vano fatto accomodare in ufficio intanto che il “cacciavitaro” della finan-
za, debitamente prestato all’uopo, faceva il suo mestiere smontandomi la
macchina fino a quando si erano arresi all’evidenza che nulla c’era e nulla
avrebbero trovato. Sull’auto c’erano, ma lo avrei saputo molto dopo, solo
una buona quantità di microspie ambientali ed un GPS. Incastrato? Già!
Nell’auto del mio socio avevano trovato due panetti di fumo che doveva-
no arrivare a Ponte Tresa come “campioni”. Io non avevo mostrato segni
di smarrimento e avevo chiesto solo di fare in fretta quello che doveva-
no fare. Per prima cosa eravamo andati nel mio appartamento di Garze-
no dove una perquisizione più formale che sostanziale non aveva rivela-
to altre magagne. L’ispettore che guidava il gruppo, al nostro ritorno in
Questura, mi aveva detto che se gli avessi raccontato quello che voleva-
no sentire, la cosa non sarebbe durata troppo a lungo. Gli avevo spiega-
to che non ero di quel tipo di canterini e gli avevo chiesto a che ora chiu-
dessero l’hotel. “L’hotel non chiude mai” era stata la risposta. “Andiamo
subito, allora,” avevo detto io e li avevo preceduti verso il parcheggio in-
terno. Dieci minuti dopo ero davanti al cancello del Bassone, ore 2,20 del
3 maggio 2013. Finire qua dentro è di certo l’ultima cosa che si possa
desiderare. Ma capita!
La prima cosa che si impara a conoscere in quei tristi posti è l’uffi-
cio matricola. Un terminale collegato in diretta col Viminale raccoglie le
impronte digitali dei nuovi ospiti, le loro foto, i loro dati anagrafici e invia
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