Page 60 - Aprile
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na del mio socio non è così grave, di solito per una cosa del genere si
          rischiano sei, otto mesi. Pazienza. Tanto non ho alternative e pigliarsela
          male non aiuta a diminuire il dolore. Sono però preoccupato per i miei fi-
          gli e chiedo di poter telefonare a casa perché quando mi hanno arrestato
          ero in viaggio per andare da loro. Due anni prima mia moglie Annabelle
          originaria dell’Etiopia mi aveva lasciato portandoli con sé: Michèle aveva
          15 anni e Ivan 14. Chissà cosa penseranno ora.
             Non mi sono presentato e tanto meno ho potuto far loro sapere dove
          mi trovo. Scopro che telefonare non è possibile fino al nulla osta del GIP.
          Benone. L’avvocato mi ha promesso che ripasserà entro pochi giorni a
          dirmi gli sviluppi della storia e chiederò a lui di fare la telefonata.
             I giorni passano uguali, ritmati solo dal carrello di Corrado che porta
          la colazione, il pranzo delle 11,30 e la cena delle 18,30.

             Appetito, poco. Non per la qualità della cucina, ma per una incompa-
          tibilità tra cervello e stomaco. Non ho fame. Mi guardo adagio in giro e
          scopro un mondo parallelo che ignoravo prima di cascarci dentro.
             Ladri, truffatori, rapinatori, assassini, magnacci. Tutta la crème della
          società è qui condensata a percentuali altissime. Non che io voglia sentir-
          mi superiore, ma non riesco davvero a “legare” con certi personaggi. Al-
          cuni, ladri e spacciatori di piccolo calibro, sono pure simpatici, ma il loro
          mondo è intriso dalle loro attività e pare obbediscano a una specie di co-
          dice interno.

             Gli unici che hanno vita dura, all’interno della sezione, sono gli infami
          per i quali esiste comunque una sezione separata. Con gli agenti i rap-
          porti sono decenti e la maggior parte di essi sono ragazzi giovani che cer-
          cano di non agitare i fragili equilibri.
             Erano passati pochi giorni dall’interrogatorio di convalida, quello del-
          la scena muta, che gli ispettori della Digos tornano all’attacco per vedere
          se mi sono ammorbidito. Alternano minacce e promesse com’è nelle loro
          abitudini, ma la mia risposta è la medesima. Nulla da dire.

             Ancora una volta tornano di lì a pochi giorni e ancora se ne vanno con
          la solita risposta.

             Il risultato immediato è che mi vengono vietati eventuali colloqui.
             Passato un mese circa, durante il quale non ho la minima notizia da
          casa e non so se i miei figli sappiano qualcosa di me (penso che i bigliet-

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