Page 62 - Aprile
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“Prima”, al primo piano, in mezzo ai “definitivi” che avevano solo da at-
          tendere il “fine pena”. Iniziai a lavorare in un laboratorio dove, tra compu-
          ter e ricette farmaceutiche, il tempo passava veloce. Purtroppo i collo-
          qui coi ragazzi diradarono, pensare che avrei voluto dire loro tante cose
          e spiegarne altre! Devo dire che la maggior parte della gente non imma-
          gina la vita dura che un detenuto vive all’interno del carcere dove si tro-
          va solo, perde tutti i diritti e le persone a lui care, si stacca dal mondo e
          rompe quel legame che lo tiene legato alla società. I ricordi e le emozio-
          ni si intrecciano in un susseguirsi vorticoso. Sono sincero nel dire che ho
          sofferto moltissimo:
             + di nostalgia nei confronti dei miei figli;
             + per l’esclusione dalla vita della società che, con ragione, tende ad
             avere pregiudizi nei nostri confronti;

             + di frustrazione per lo scorrere del tempo che sembra non passare
             mai, scandito da ritmi imposti;

             + di rimpianti per aver causato una simile situazione;
             + di sapere d’avere non poche difficoltà ad avere un’altra opportunità.
             Ora frequento il laboratorio della biblioteca e con la volontaria vin-
          cenziana che ci segue due giorni la settimana mi dedico alla lettura e alla
          scrittura, ritrovando un senso nel dare valore a giorni sempre uguali.
             Per chi vive una condizione di reclusione, la lettura può essere un’an-
          cora di salvezza, un nutrimento per lo spirito, uno spunto per riflettere sul-
          la propria vita, a volte un impagabile guadagno di consapevolezza e di
          senso dell’esistenza.
             Potessi tornare indietro non rifarei più quei reati per cui sono stato
          condannato, e con i giudici e le forze dell’ordine non sarei più così spa-
          valdo e arrogante. Tutto però non è perduto e anche se non ho più con-
          tatti con mio figlio Ivan, ho ripreso i colloqui con mia figlia Michèle e ne
          sono contento, anche se strettamente regolati e limitati.
             Da circa sei mesi la volontaria vincenziana della Biblioteca, dopo aver
          conosciuto mia figlia all’uscita dal carcere, fa da tramite tra me e lei e i
          rapporti padre-figlia stanno diventando sempre più stretti, superando il
          tempo perduto e chissà se in futuro la volontaria riuscirà a fare in modo
          che incontri anche mio figlio Ivan. Lei ci sta provando e una vocina mi
          dice che riuscirà. §

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