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tore, un essere asociale, fomentatore di disordini e attentatore dell'ordi-
          ne costituito. Questa concezione era quella che tendeva a prevalere tra
          XVI e XVII secolo e che in poche parole “nella povertà vedeva una ma-
          ledizione e nei poveri un pericolo per la società” (J. P. Gutton). I poveri,
          in sostanza, facevano paura. Si riteneva che essi, vivendo di espedienti
          e nell'ozio, sfuggissero all'attività lavorativa e di produzione: erano quin-
          di cattivi, inutili, di peso per la società e criminali potenziali. Di fronte alla
          crescente massa di poveri, di cui le campagne erano un vero serbatoio,
          non bastavano più i mezzi tradizionali della beneficenza.
             In quei frangenti, di conseguenza, si fece strada l'idea che i pove-
          ri dovessero essere segregati dal resto della società, perché importu-
          navano ed erano sobillatori di rivolte, portatori di malattie, erano quindi
          temuti. Venne introdotta una sorta di distinzione tra poveri inabili (buo-
          ni) ed abili al lavoro (cattivi), i quali furono obbligati al lavoro in luoghi di
          internamento. Juan Luís Vivés (1492-1540), dotto umanista e amico di
          Erasmo e di Tommaso Moro, in un suo libro attaccava violentemente po-
          veri e ricchi, accusando i primi di simulare malattie, disturbare le funzioni
          religiose e di perdersi nei vizi e i secondi di farsi costruire tombe sontuo-
          se invece di dare l'elemosina.


             Il sistema caritativo del tempo

             Dinanzi alle conseguenze delle guerre e carestie e alla nuova conside-
          razione negativa del povero come maledizione e pericolo, quale risposta
          viene data dalla società, dalla Chiesa e dal sistema caritativo del tempo?
             Mentre i governi e le istituzioni civili intravedono nella reclusione dei
          poveri la risposta migliore al dilagare del pauperismo, il mondo ecclesiale
          e “associativo” del tempo si adopera per andare incontro ai bisogni del-
          la gente.
             I primi costruiranno grandi strutture ricettive e restrittive, gli altri svilup-
          peranno una nuova rete sociale di ordini religiosi e confraternite.
             A partire dalla Francia del XVI secolo, si sviluppò una severa politica
          repressiva nei confronti dei poveri, molti dei quali furono reclusi in apposi-
          te istituzioni allo scopo di organizzare e risolvere la questione della men-
          dicità. Vennero così fondati gli “ospedali generali” in Francia, le “workhou-
          se” in Inghilterra e Olanda, gli “alberghi dei poveri” nelle grandi città della
          penisola italiana e gli “Uffici per i poveri” nelle località meno importanti.


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