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no protette. Analizzando i dati nel periodo 2005/2015, dati Istat, ci ren-
          diamo conto che la povertà è aumentata comparativamente nelle regioni
          del nord del 200%, è aumentata fra gli occupati del 268%, è aumentata
          fra coloro che hanno un livello di istruzione medio alto (diplomati, laurea-
          ti) con un incremento di quasi il 400%. Non solo: cosa è successo a chi
          già era in povertà? Costoro sono diventati più poveri. Tra il 2014-2015 c’è
          stato un lieve miglioramento del reddito netto equivalente familiare degli
          italiani, ma le persone che guadagnavano redditi bassissimi li hanno visti
          diminuire del 37%. I poveri sono, cioè, diventati più poveri. È una si-
          tuazione in trasformazione. Per cui la povertà è esplosa, si è norma-
          lizzata, si è cronicizzata. Che cosa vuol dire che si è cronicizzata? Vuol
          dire che non vi è solo un ambito di bisogno per le persone che si rivolgo-
          no ai nostri centri o ai nostri servizi. La povertà si caratterizza per un cu-
          mulo di situazioni di disagio. È una povertà multidimensionale. Richiede
          interventi intensi: colloqui, incontri molto numerosi a persona durante tut-
          to l’anno e soprattutto le persone che si rivolgono ai nostri centri sempre
          più difficilmente riescono a rendersi autonome. La povertà è diventata
          persistente. Diventa difficile recuperare quel minimo di autonomia econo-
          mica che permetta alle persone di utilizzare l’aiuto materiale o economico
          e poi di riprendere la propria vita. Se dovessimo sintetizzare la situazione
          potremmo dire: è esplosa, si è normalizzata, si è cronicizzata. Questo è il
          quadro rispetto al fenomeno.
             Però c’è anche un lato positivo. Dal 2016 in poi il nostro paese si è,
          dopo un lunghissimo ritardo, dotato di una misura nazionale di contrasto
          alla povertà. Eravamo l’unico paese in Europa, insieme alla Grecia, senza
          interventi pubblici sistematici uguali su tutto il territorio nazionale in favo-
          re delle persone in povertà. Dal 2016 con una prima sperimentazione, il
          cosiddetto Sostegno all’Inclusione Attiva (SIA), finalmente ci siamo messi
          alla pari con gli altri paesi europei, molti anni dopo l’esplosione della cri-
          si. Dal 2007 la crisi intanto aveva creato quelle condizioni di cui abbiamo
          detto. Tutto ciò aveva fatto sì che le condizioni di vita di molte persone si
          fossero ormai stratificate. Nel 2017 poi arriva il Reddito di inclusione (ReI),
          che ha criteri più ampi del SIA e che permette a molte persone di riceve-
          re un aiuto, piccolo, contenuto. Nel 2019 un ulteriore passetto avanti e
          arriva il Reddito di cittadinanza. Dal marzo del 2019 abbiamo questa mi-
          sura non solo di contrasto alla povertà, ma anche di inserimento lavora-
          tivo. Con le sue luci ed ombre. C’è comunque un’attenzione pubblica ri-
          spetto al fenomeno: indubbiamente un elemento che dobbiamo salutare


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