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se, come capisco, siete già pronti per raccogliere dati, potreste individua-
          re questo come obiettivo dell’anno. Raccogliere nella realtà provincia-
          le o regionale elementi di criticità sarebbe di grande aiuto. Se vi candida-
          te per rilevazioni territoriali potrebbe essere molto utile per inserirvi come
          antenne del territorio. Alcune organizzazioni interne all’Alleanza per pro-
          prio conto lo stanno facendo, Caritas Italiana per esempio. È uno stru-
          mento che abbiamo messo a punto con un ricercatore e che, adattato,
          potrebbe essere utilizzato anche dalla vostra rete. Alla luce della consta-
          tazione che la povertà è presente tra gli occupati, si poteva immagina-
          re che reinserendo il capo famiglia nel mondo del lavoro i problemi si sa-
          rebbero risolti.
             Non sempre è cosi. Il legislatore col RdC ha pensato che le situazio-
          ni si povertà si potessero risolvere col lavoro. Ciò è vero, ma non è vero
          per la maggior parte delle situazioni di povertà. Questa è stata la riduzio-
          ne un po’ semplicistica del RdC. A questo punto cosa si fa vedendo an-
          che gli altri paesi europei? Ci sono delle misure di base, il reddito minimo,
          per chi è in povertà su cui montare una serie di altre misure aggiuntive e
          coordinate per il lavoro (indennità di disoccupazione, assegno di ricollo-
          cazione per chi ha bisogno di riqualificarsi). L’errore, la leggerezza è sta-
          ta di usare una misura corposa dal punto di vista economico immaginan-
          do che potesse risolvere tutti i problemi. Così non è, certo è che in un
          paese come il nostro che non ha mai avuto una misura di contrasto alla
          povertà l’ideale sarebbe stato procedere in maniera graduale sia rispet-
          to alla platea delle persone, sia rispetto agli importi, sia rispetto alle risor-
          se. Avremmo evitato l’ingolfamento dei servizi sociali, che è chiaramente
          un problema. Aver allargato la platea, dilatato gli importi sta aumentando
          le difficoltà dei territori. In primis dei servizi sociali, dei CpI, ma anche dei
          nostri servizi sul territorio. Ci sono situazioni di beneficiari di altre strut-
          ture e organizzazioni che non si rivolgono più a queste strutture perché
          ora ricevono il RdC. Se l’aiuto che si dava ad una persona era inserito
          in una cornice ampia, c’era l’incontro settimanale, l’aiuto economico, il
          colloquio. La scomparsa dai radar di queste persone può essere un ele-
          mento positivo di emancipazione, in altri casi potrebbe essere una perdi-
          ta. Ci può essere una fase di ebbrezza dovuta al contributo economico,
          che però in una fase di disorientamento complessivo non aiuta e nel me-
          dio lungo periodo può avere dei contraccolpi sulla vita delle persone. Tut-
          to ciò andrà monitorato senza pregiudizi. Ove siano presenti difficoltà sui
          singoli casi consigliamo di rivolgersi ai Caf che ormai sono ben strutturati.
          L’80% delle erogazioni del RdC ha rilevato che ci sono stati errori e questi
          sono dati ufficiali. Inoltre i Caf ricevono contributi statali per questi servizi

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