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“Datemi un uomo di orazione e sarà capace di tutto”, e parla dell’orazione
          non per sentito dire, ma come uno che la frequenta, la pratica con grande
          fedeltà. Sappiamo quanto e come pregasse, incominciando alle 4.30 con
          un’ora intera di orazione mentale o meditazione, la recita delle Ore minori,
          la preparazione alla Messa, la celebrazione della Messa, il ringraziamen-
          to ad essa, magari servendone un’altra; poi l’esame particolare prima del
          pranzo, il Vespro, il Mattutino e le Lodi, il Rosario, la Visita al SS.mo... Al-
          meno tre ore in quelle che possiamo chiamare pratiche di pietà. Ma anche
          il resto della giornata era per lui preghiera.
             Vincenzo era costantemente raccolto in Dio e sicuramente faceva uso
          di quelle preghiere brevi, di quei “dardi d’amore assai graditi a Dio” (le
          cosiddette giaculatorie) che possono costellare la giornata, mantenere la
          persona nell’unione con Lui anche nel bel mezzo delle occupazioni (cfr.
          SVit IX, 36-37). Le preghiere spontanee che troviamo nelle sue lettere, so-
          prattutto nelle Conferenze ai Preti della Missione e alle Figlie della Carità,
          testimoniano il suo intimo rapporto con Dio, il dialogo d’amore con Lui:
          un Dio pieno d’amore, che opera continuamente nelle anime e le spinge
          all’azione. Quanto mai eloquenti le immagini che il santo usa per descri-
          vere l’orazione: quello che il cibo è per il corpo, l’orazione è per l’anima;
          baluardo inespugnabile, mistico arsenale, torre di David; fontana favolo-
          sa, dove l’anima ringiovanisce; una predica fatta a se stessi; uno specchio
          nel quale l’anima vede tutte le macchie e tutte le brutture; l’anima dell’a-
          nima nostra…



























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