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I RACCONTI DELLA BIENNALE
Prossimo: vicini, amici, fratelli
di Federica, La Spezia
ensi che a te non succederà mai, che non ti può succedere, che sei
l’unica persona al mondo a cui queste cose non succederanno mai
Pe poi, a una a una, cominciano a succedere tutte, come succedo-
no a tutti.
È proprio vero, tutti pensiamo che certe cose non possano succede-
re a noi, poi le tocchiamo con mano, le sperimentiamo e qualcosa di più
comprendiamo.
Come studenti di liceo, un po’ “gasati”, abbiamo accettato con orgo-
glio ed entusiasmo (i due sentimenti si sono mischiati) di dare una mano
ai compagni più piccoli o con qualche difficoltà soprattutto per l’utilizzo
della lingua italiana nello studio.
Nella nostra città ci sono molte famiglie straniere con bambini, origi-
narie del centro America o del Nord Africa.
È facile parlare italiano quando ci si deve far capire, magari anche con
gesti, per fare un po’ di spesa al mercato o per prendere un autobus, ma
se si tratta di leggere un racconto di Verga tutto cambia, di fronte ad una
pagina di storia greca o romana ci possiamo smarrire.
Certo i libri sono scritti da esperti delle diverse discipline, hanno bel-
le immagini e molte didascalie, ma provate a spiegare che cosa signifi-
ca didascalia a qualcuno che sa duecento o trecento parole di italiano o
“traducete” in un italiano da duecento parole e con periodi brevi l’analisi
del testo, anzi facciamo un tentativo: che cosa è un testo? Che cosa vuol
dire analisi? Sono le analisi che il medico ha ordinato alla mamma? È una
parola della matematica? È un compito di italiano?
Bisogna veramente “trasferire” tutto da un mondo ad un altro, fino a
che i due mondi si incontrano perché in mezzo a tutto quel gesticolare
e a cercare immagini su internet per spiegare questo o quello, alla fine si
ride, ci si diverte.
Abbiamo fatto visita ai nostri compagni, è stata un’impresa: chi an-
dava in casa aveva paura non di chissà che cosa, ma di fare una gaffe,
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