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ghiera ancorata alla parola, preghiera unguento prezioso. Nella convin-
          zione, ed è un’altra delle cose in cui cadiamo, che pregare non è sentire
          il gusto della preghiera. Se il Signore ce lo dà, Deo gratias, se non ce lo
          dà, la preghiera può anche valere di più. Confrontare alla luce della pre-
          ghiera la vita, la realtà in servizio. Preghiera che diventa carità, altrimenti
          può rischiare di essere sospetta e passatempo.
             Sant’Agostino già diceva: “Non uscire fuori, ma rientra in te stesso.
          Dove incontro Dio io ho la forza per farlo incontrare”. Anche noi come i
          discepoli abbiamo bisogno di dire singolarmente e comunitariamente: Si-
          gnore insegnaci a pregare. E il Signore ci insegna a pregare con quello
          che dice, con i tempi che si dà di preghiera, con quella capacità che ave-
          va di ritirarsi tutto solo a pregare.
             Dobbiamo rivestirci dello spirito di Gesù Cristo, lo spirito di Gesù Cri-
          sto è uno spirito di carità. Lo spirito prega con noi, dentro di noi, interce-
          de per noi, ci fa chiedere ciò che è conveniente e suscita sentimenti fi-
          liali e fraterni. La preghiera è scuola di speranza, diceva Benedetto XVI;
          dove abbiamo bisogno di imparare la speranza. Dove la speranza ma-
          tura. Quanto è importante che siamo seminatori di speranza? Al di la di
          quello che possiamo fare, la capacità di servire seminando speranza è
          una grande capacità.
             San Vincenzo è stato uomo di preghiera. Prendo un passo dalla re-
          cente riedizione della “Vita di San Vincenzo” di Padre Mezzadri. Dopo
          avere elencato le cose che faceva, molte, San Vincenzo, scrive Mezzadri:
          “Per un uomo che aveva impegni con due comunità da dirigere e tante
          altre opere da seguire, che era introdotto a corte, che si interessava alla
          riforma del clero e dei religiosi, che per poter raggiungere le sue comu-
          nità doveva leggere e scrivere molta corrispondenza, sorprende che de-
          dicasse tanto tempo alla preghiera”. Ma una delle sue massime era che
          prima occorresse fare e poi insegnare.

             Convinto di questo, pregava molto e poi insegnava che ogni bene
          viene dalla preghiera. Che l’uomo di preghiera è capace di tutto e diventa
          un baluardo inespugnabile. Il santo paragonava la preghiera all’aria che
          respiriamo, al nutrimento, alla rugiada. La preghiera è il centro della devo-
          zione, senza di essa è impossibile perseverare nella propria vocazione. Il
          servizio dei poveri è innanzitutto una vocazione. Il Signore, ognuno di noi
          può dire, mi ha dato questa vocazione. A lui non interessava sviluppare
          delle teorie sulla preghiera: pregava e voleva che si pregasse. La preghie-
          ra intesa da San Vincenzo non è uscire dalla storia e dalla vita quotidiana,

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