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gostino al termine del trattato sulla
Trinità dice: “Liberami Signore dal-
la moltitudine di parole di cui è pie-
no il mio cuore. Non tace il mio cuo-
re quand’anche tace la mia bocca”.
Consentite una battuta. Noi
siamo come una pentola di fagio-
li, in continua ebollizione. Matura-
re il silenzio è basilare. Per dare alla
vita unitarietà. Per cui il gusto del-
la gratuità, il gusto del silenzio per
una preghiera indispensabile per vi-
vere, per crescere, per maturare e
per servire: con amore. Allora, l’e-
sperienza della preghiera è forte, è
totalizzante, è un incontro, è indi-
spensabile per portare il frutto del-
la carità e del bene.
Dice un autore spirituale recen-
te: “La preghiera è la più audace
delle avventure umane. Il tentati-
vo di stabilire un incontro persona-
le con il Dio vivo nella fede e nella
carità. Io potrò dare agli altri quel-
lo che nella preghiera ho consen-
tito al Signore di donare a me”. E
San Vincenzo: “Pregare è il tempo
in cui Dio parla cuore a cuore al no-
stro cuore”. Lo diceva in particolare
per il ritiro spirituale, ma vale sem-
pre. Il Signore conosce i nostri cuo-
ri, le nostre attese. Ma la Sua pre-
senza diviene in noi forte quando ci
poniamo in atteggiamento orante.
Perché, per la persona di preghie-
ra nulla avviene a caso. Pensate a
quando San Vincenzo dice, nelle
sue varie esperienze: “Io non ci ave-
vo pensato”. Quindi le cose porta-
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