Page 48 - Annali settembre
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b.  In sostanza ascoltare per comprendere e comprendere senza giudi-
             care.
          c.  Formarci noi stessi sulle problematiche e informarci, curare l’autofor-
             mazione in tutta la sua gamma di aspetti, leggendo e studiando, se-
             guendo attività formative. La formazione sarà prima di tutto spiritua-
             le ma anche su altri temi, in particolare sociali, per la grave crisi che
             scuote l’Europa e sulle tecniche di comunicazione per rapporti più ef-
             ficaci (non parliamo di media e di modernità, ma di conoscere la co-
             municazione efficace).

             3. Formare nuovi leader: è essenziale che le cariche durino tempi
          limitati, che non ci si fermi su persone, ma si badi ad andare avanti, quin-
          di è compito prioritario formare chi ci succederà, avvicinando più per-
          sone ai nostri Consigli e informando, osservando le risorse disponibili e
          valorizzandole. Occorre per questo creare unità e far sentire che accet-
          teremo nuovi stili di comportamento e nuove scelte, nessuno sa a prio-
          ri quale esito avrà una certa azione, quindi occorre ricordare che ci sono
          sempre molte vie per raggiungere un risultato, come infinite rette passa-
          no per un punto.

             Ormai quasi tutti hanno imparato quanto sia inutile il “l’avevo detto” o
          il “si è fatto così” o peggio “io avevo ottenuto il tal risultato”, tuttavia spes-
          so resta come riserva, come un pregiudizievole non detto. La formazione,
          come ci ha insegnato San Vincenzo, continua tutta la vita, continua sul
          campo, ogni nuovo leader affronterà vecchi e nuovi problemi e li affron-
          terà con la forza del carisma e con le sue competenze. Quindi affidarsi a
          nuovi leader e fidarsi, confidando nell’aiuto del Signore.
             4. Il clima all’interno dei Consigli deve essere più che amichevo-
          le, fraterno. È vero che ci sono differenze e divergenze ma non ci siamo
          scelti i genitori e i fratelli, li abbiamo accettati, in famiglia occorre accet-
          tarsi con affetto, partecipando di gioie e dolori, di ansie e preoccupazio-
          ni, di entusiasmi e di slanci. Occorre tenerci per mano. Come è ovvio,
          non significa avere sempre le stesse idee, ma operare per l’associazione,
          agire con gli stessi obiettivi, non personali ma del gruppo, della famiglia.

             5. L’appartenenza all’AIC non è sentita alla stessa maniera nei
          gruppi, in alcuni è più forte, in altri meno, anche nel nostro paese, nono-
          stante l’impegno di alcune grandi volontarie che tutti conosciamo. Le in-
          formazioni vengono tempestivamente divulgate ma forse occorre fare di

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