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Un lavoro che, come ha sotto-
          La povertà in                      lineato Alessandra Aloé, presiden-
                                             te cittadina di Chieti, inizia da sé
          Abruzzo nel tempo                  stessi: “cercando una vita virtuosa:
                                             se non ci alleniamo tra noi, è diffi-
          si è modificata                    cile che riusciamo con chi è fuori”.

                                               Padre Salvatore Farì, Superiore
                                         della Casa dei Vergini di Napoli e rela-
          tore per il convegno, facendo esegesi di Deuteronomio 15, ha afferma-
          to: «Come vincenziani non possiamo essere mossi da buonismo inge-
          nuo, tamponando esigenze, ma siamo chiamati a spalancare orizzonti e
          stimolare sogni. Lo possiamo fare proprio attraverso quattro azioni: os-
          servare la miseria tra noi, udire il grido d’aiuto, conoscere le sofferenze
          dell’altro e andare da lui per liberarlo dall’angoscia e dalla disperazione.
          Questo significa realizzare una carità attenta, con inventiva e audacia nel-
          le risposte, che crei un’onda di speranza”. Padre Farì nel ricordo di San
          Vincenzo che, nel 1659, affermò che i poveri nella Chiesa non possono
          essere considerati “come sfortunati che occorre assistere perché nella
          loro miseria sono i membri principali del Corpo di Cristo ed i primogeniti
          nella Chiesa”, ha descritto la povertà come una soglia esistenziale comu-
          ne, dettata dalla chiusura relazionale all’altro. Infatti, il povero sta in una
          situazione di attesa da dove può ricevere giustizia o ingiustizia, difesa o
          oppressione. Egli non chiede ma interpella con la sua presenza, e con il
          suo silenzio mette in questione ogni forma di possesso.

             Nel rapporto col povero, che certamente non mancheranno mai,
          sono essenziali cinque atteggiamenti: il cuore non sia indurito perché im-
          pedisce l’ascolto, la mano non sia chiusa perché diversamente trattiene
          la libertà dell’altro rendendolo schiavo, la mano sia aperta perché possa
          accarezzare, prendersi cura e in definitiva possa donare libertà, sia eser-
          citato il prestito all’altro per renderlo responsabile, il cuore non sia malva-
          gio, il tutto in una prospettiva di inclusione e di reciprocità».
             L’incontro con il povero nella sua situazione di attesa, apre alla sco-
          perta della propria vocazione alla santità, quella della “classe media del-
          la santità” di cui parla Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Gau-
          dete et Exsultate”. «La santità a cui siamo chiamati», ha precisato Padre
          Giuseppe Carulli assistente spirituale GVV Abruzzo, «non è per un posto
          in una nicchia di una chiesa ma in un angolo del cuore di Dio».

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