Page 7 - Annali Carita
P. 7
La domanda più frequente, banale se volete, forse sciocca, ma sem- Dovremmo forse ascoltare le parole
pre lì, come un tarlo: “Come ha potuto?”, “Perché?”. A questa domanda del Pontefice e seguirne l’alto esempio. La pena che
si accompagnava sempre l’altra: “Potrò mai perdonare?”. Nel visitare i carcerati ha sottolineato:
1
«Già abbiamo perso diversi decenni pen-
Dopo anni ho capito qualcosa, intanto quella persona che volevo non è aperta
chiusa per sempre ha cambiato vita ed è diventato un sostegno per azio- sando e credendo che tutto si risolve iso-
ni di volontariato: aveva trovato la via dell’unico perdono possibile, quel- lando, separando, incarcerando, toglien- alla speranza
lo della misericordia di Dio. dosi i problemi di torno, credendo che
questi mezzi risolvano veramente i proble-
È un po’ l’errore di tutti noi porre domande che non possono avere ri- mi. Ci siamo dimenticati di concentrarci non è cristiana
sposta. Come aveva potuto in quell’attimo sbagliare e così gravemente su quella che realmente dev’essere la no-
non sapeva dirlo, aveva pensato addirittura che fosse giusto punire chi lo stra preoccupazione: la vita delle persone,
aveva ingannato, insomma si era posto nel ruolo di giudice e aveva sen- quella delle loro famiglie, quella di coloro che pure
tenziato che l’altro doveva essere punito, aveva deciso di non vedere più hanno sofferto a causa di questo circolo vizioso della violenza».
una persona, un essere umano!
Il Papa asserisce che «le carceri sono un sintomo di come stiamo
Era stato compiuto un delitto perché un essere umano aveva cre- come società, in molti casi sono un sintomo di silenzi e omissioni pro-
duto giusto (dove mai va a cacciarsi la giustizia! direbbe Manzoni) ven- vocate dalla cultura dello scarto. Sono un sintomo di una cultura che ha
dicare un torto, togliere un altro essere umano dal suo cospetto e quin- smesso di scommettere sulla vita; di una società che è andata abbando-
di dal mondo. nando i suoi figli».
Ma noi stessi quando invochiamo l’ergastolo, pene detentive lunghis- Quattro volte nel corso del suo pontificato ha celebrato la S. Messa
sime, che cosa facciamo? Rifiutiamo ad una persona la vita, gli affetti, la In Coena Domini in un istituto di pena, l’ultima volta nel carcere di Regi-
possibilità di un riscatto, soprattutto la speranza. Dice il Papa: “La pena na Coeli , dove ci ha dato questa lezione: rivolgendosi ai carcerati non si
2
che non è aperta alla speranza non è cristiana”. è posto (e non si pone mai) al di sopra, ma in mezzo a loro come un fra-
Chi siamo noi per leggere nei cuori, per decidere se e quando perdo- tello peccatore: “Oggi io, che sono peccatore come voi, ma rappresento
nare? Forse dobbiamo compiere un atto di estrema umiltà e farci bambi- Gesù, sono ambasciatore di Gesù”.
ni, imitare il loro cuore. Francesco sa spezzare il pane dell’umanità con tutti gli ultimi, difficile
Quando un bambino dice “Ti perdono” all’amico che gli ha preso i certo seguirlo, ma ci sta indicando un cammino. §
colori, vuol dire “Restiamo amici”, se la maestra correttamente punirà
il piccolo che ha sbagliato, anche se l’uno sarà più guardingo nell’usa-
re i colori……
1 Queste parole del Papa sono coraggiose, anche perché sono state pronunciate nel corso di una vi-
sita in Messico nel febbraio del 2016. Il Pontefice visitava il carcere di Ciudad Juarez, una città di 1,3
Le carceri sono un sintomo milioni di abitanti, dove scompaiono tre donne ogni due giorni, barbaramente uccise, spesso senza
che si possano ritrovare neppure i miseri resti. Il “dentro” e il “fuori” del carcere sono luoghi di intensa,
seppur diversa, sofferenza; non devono nell’intenzione del Papa diventare luoghi di disperazione.
di silenzi e omissioni 2 Papa Francesco è il quarto papa a visitare il carcere di Regina Coeli, segno di una grande atten-
zione della Chiesa postconciliare alla realtà dei luoghi di detenzione: Giovanni XXIII nel 1958, Paolo
VI nel 1964, Giovanni Paolo II nel 2000, Francesco nel 2018.
4 3 / duemiladiciotto 3 /duemiladiciotto 5