Page 5 - Annali Carita
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EDITORIALE l tema del mese di questo numero, vite umane e da rovinarne tante altre come Potrò mai
scelto con molte incertezze e dub-
quella del ragazzo, che mi era caro, ho
Il tema del mese Ibi, è la questione carcere. Non è un pensato, come tanti, che la giustizia uma-
tema facile e non è stata una scelta faci-
na, rinchiudendo il colpevole per sempre,
le. Di fronte all’esperienza e all’idea stes- perdonare?
a cura di Gabriella Raschi fosse stata vera “giustizia”, che fosse me-
Presidente Nazionale GVV sa della pena e della detenzione i nostri glio dimenticarlo là dentro chiuso per sem-
sentimenti sono complessi, legati al nostro pre, dove non avrebbe fatto male a nessuno. Di-
vissuto, spesso ambivalenti. menticarlo… Non era poi così facile: più cercavo di rinchiuderlo anche
Da cristiani, da vincenziani sappiamo tutti bene che il carcerato è un nell’abisso della mia mente, più spesso balzava fuori e poneva domande.
essere umano che vive in condizioni difficili, molto dure, tanto che do-
vrebbe suscitare in noi sentimenti di pietà e di compassione fraterna.
Tuttavia di fronte alle persone che scontano una condanna, è inutile
negarlo, abbiamo spesso atteggiamenti contraddittori: siamo addolora-
ti per le condizioni della vita carceraria ma talvolta siamo tanto esasperati
dalla microcriminalità dei furti, degli scippi e dello spaccio che ci auguria-
mo pene più severe, altre volte siamo sconvolti dalla persistenza di feno-
meni di mafia e di camorra, oppure ci troviamo di fronte a un delitto che
ci fa orrore e vorremmo che il carcere rinchiudesse per sempre quelli che
la giustizia umana chiama colpevoli, vorremmo che rimanessero lì, chiu-
si, resi innocui dalla detenzione.
È difficile talvolta per noi vedere nei carcerati il volto di Cristo, eppure
sono lì, davanti a noi, con tanti bisogni, con ansie, con paure.
Che cosa ci sfugge? Perdiamo di vista tanti aspetti del problema: ri-
conosciamo alla giustizia umana alcuni compiti, come la rieducazione
del carcerato e la difesa sociale, non certo la vendetta, eppure quando
le porte del carcere si chiudono dietro a qualcuno che il tribunale giudica
colpevole, non pensiamo alla sua formazione, alla necessità che, scon-
tata la pena, abbia un posto nella società, ma pensiamo di liberarci di
quell’essere umano, addirittura, secondo un’antica espressione, vorrem-
mo che fosse gettata via la chiave. Il nostro atteggiamento confina terri-
bilmente con la vendetta.
Quando nella vita mi è capita-
to che un familiare di uno studente
Che cosa ci sfugge? fosse riconosciuto colpevole di una
lunga serie di reati, non escluso l’o-
micidio, azioni tali da distruggere
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