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L’accoglienza è un atteggiamento fondamentale nell’esistenza    Alla scuola di Papa Francesco e di San Vincenzo
 umana, cominciando dall’accettazione di noi stessi. Quanti problemi,   Proprio per questo Papa Francesco, in occasione del 400° del Ca-
 a livello psicologico e con nefaste ripercussioni anche nell’ambito delle   risma Vincenziano, indicando alla Famiglia Vincenziana come secondo
 relazioni interpersonali, quando una persona non si sa cordialmente ac-  verbo programmatico il verbo “accogliere”, ha evidenziato come esso
 cettare nella sua realtà, con i propri pregi e i propri limiti, con le proprie   indichi “una disposizione più profonda” del semplice fare qualcosa:
 virtù e con le proprie fragilità! Per poi passare all’accoglienza degli altri.   “non richiede solo di far posto a qualcuno, ma di essere persone acco-
 Non si può, infatti, pretendere di avere un buon rapporto con gli altri se   glienti, disponibili, abituate a darsi agli altri. Come Dio per noi, così noi
 non si è in buona relazione con se stessi.  per gli altri”. Ha continuato, quindi, chiarendo ulteriormente: “Accogliere

 L’accoglienza vera, non superficiale, coinvolge tutta la persona: è   significa ridimensionare il proprio io, raddrizzare il modo di pensare,
 uno spalancare le porte della propria casa, ma perché prima si sono   comprendere che la vita non è la mia proprietà privata e che il tempo
 spalancate le porte degli occhi per vedere chi arriva, le porte delle orec-  non mi appartiene. È un lento distacco da tutto ciò che è mio: il mio
 chie per sentirne il grido e scoprirne i bisogni, le porte del cuore per far-  tempo, il mio riposo, i miei diritti, i miei programmi, la mia agenda. Chi
 gli spazio nell’intimo di noi stessi, le porte delle labbra per dargli il “ben-  accoglie rinuncia all’io e fa entrare nella vita il tu e il noi”.
 venuto”, le porte delle braccia per avvolgerlo della tenerezza stessa di   Infine ha messo in risalto l’intima relazione che intercorre tra l’ap-
 Dio e condividere con lui il pane che sazia e il vino che allieta il cuore.   partenere alla Chiesa, l’essere Chiesa e l’essere accoglienti, fino a dire
 Come scrive Ernesto Borghi in un articolo apparso in “Teologia &Vita”   che l’accoglienza è nel “DNA” ecclesiale: “Il cristiano accogliente è un
 10 (2016), “solo l’ospitalità, nel senso stretto e ampio del termine, sot-  vero uomo e donna di Chiesa, perché la Chiesa è Madre e una madre
 trae al circolo vizioso della solitudine e restituisce anche chi ospita alla   accoglie la vita e la accompagna.
 pienezza di vita. L’incontro continuo con la diversità e il fare spazio
 all’altro diventano fattori educativi formidabili perché fanno germogliare   E come un figlio assomiglia alla madre, portandone i tratti, così il
 la dimensione dell’apertura, dell’accoglienza, della consapevolezza del-  cristiano porta questi tratti della Chiesa. Allora è un figlio veramente
 la/e necessità dell’altro”.  fedele della Chiesa chi è accogliente, chi senza lamentarsi crea con-
          cordia e comunione e con generosità semina pace, anche se non viene
          ricambiato”.

             Non sono concetti nuovi. Papa Francesco è ritornato più volte sul
          tema dell’accoglienza. In un tweet in occasione della Giornata mondiale
          dei Migranti del 2016, mentre esprimeva la sua solidarietà ai migranti
          del mondo e ringraziava coloro che li aiutano, affermava che “accogliere
          l’altro è come accogliere Dio in persona!”. Non mancano le indicazioni
          pratiche, concrete, circa le modalità dell’accoglienza, come nel “Mes-
          saggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018” e nel
          dialogo in aereo di ritorno dalla visita in Svizzera, ribadendo i verbi “ac-
          cogliere, accompagnare, sistemare, integrare” e aggiungendo che ogni
          governo “deve agire con la virtù della prudenza, perché un Paese deve
          accogliere tanti quanti può e quanti può integrare, istruire, dare lavoro”.

             È fuori di ogni dubbio che in San Vincenzo de’ Paoli il “DNA” eccle-
          siale era presente e operante. La sua accoglienza, superando le barrie-



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