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TEMA DEL MESE


          Povertà in attesa – risposte adeguate

          a una realtà in cambiamento

          a cura di Nunzia De Capite



                opo la crisi del 2007-2008 lo scenario della povertà nel nostro pa-
                ese è mutato. Per poter avere contezza del cambiamento delle
         Dcondizioni di vita delle persone in povertà, si tende unanimemen-
          te a considerare l’indicatore della povertà assoluta, in grado di cattura-
          re lo stato di disagio di persone o famiglie non in relazione all’andamen-
          to complessivo della situazione economica (come fa la povertà relativa,
          col paradosso di diminuire quando la situazione complessiva peggiora),
          quanto piuttosto rispetto a uno standard di vita ritenuto minimamente ac-
          cettabile in un determinato contesto.
             I dati sulla povertà assoluta ci restituiscono dal 2007 a oggi un qua-
          dro del fenomeno mutato sia in termini di estensione che in termini di pro-
          fili. Le persone in povertà assoluta sono passate da 1.789.000 nel 2007
          a 5.058.000 nel 2017. Un aumento del 182%, a cui si aggiungono modi-
          fiche nei tratti del fenomeno stesso, che possiamo osservare analizzan-
          do i dati diacronicamente.

             Nell’arco di un decennio, dal 2005 al 2015, la povertà è diventata
          un fenomeno sempre più trasversale: non interessa più solo le regio-
          ni del Sud, ma è aumentata al Nord (una variazione dell’incidenza pari al
          200%), non riguarda più solo le famiglie numerose ma anche quelle con
          due figli, non colpisce più solo gli anziani, bensì anche la popolazione fino
          a 34 anni e nelle fasce centrali di età (35-64 anni) ed è aumentata tra chi
          ha un lavoro (si è registrato un aumento dell’incidenza del 268%) (cfr. C.
          Gori, Verso un nuovo modello italiano di povertà? La rivista delle politiche
          sociali, n.4/2017, 192).
             Il modello tradizionale di povertà (regioni meridionali, famiglie con oltre
          due figli, ritirati da lavoro, famiglie numerose con almeno cinque compo-
          nenti, over 64 anni, livelli di istruzione bassi), pur essendo ancora il più dif-
          fuso, risulta il meno rappresentativo. Sta cioè emergendo un profilo (Cen-
          tro-Nord, occupati, fino a due figli, fino a quattro membri in famiglia, livello

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