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è valutato dagli occhi prima ancora che l’altro inizi a parlare. Ci diciamo:
è vecchio, è giovane, è entrato strusciando i piedi, non è pulito, è ben ve-
stito...... quanti giudizi e pregiudizi formulano gli occhi! Dobbiamo metterli
da parte con tutto l’impegno possibile.
Alla stessa maniera senza quasi avvedercene siamo influenzati da
tutti i nostri sensi, dobbiamo mettere da parte la nostra percezione di
profumi e odori, la nostra attenzione al timbro della voce, insomma dob-
biamo mettere da parte le nostre mille voci dei sensi, le annotazioni del-
la memoria, appunto, per far posto all’altro, per accogliere l’ospite e non
sarà un vuoto ma lo spazio dell’accoglienza. Spesso ci fa paura il silen-
zio, abituati come siamo ai rumori, altre volte sentiamo il bisogno di si-
lenzio per ascoltarci, ecco dobbiamo cercare il silenzio del nostro io per
ascoltare. 2
L’esercizio è tanto più faticoso in quanto, per dominare le sensazio-
ni e i giudizi, nulla del nostro lavorio interiore dovrebbe emergere all’e-
sterno, non certo la nostra impazienza, né alcun sospetto, né la fretta di
comprendere.
Per capirci: tutti abbiamo ricordi di certe esperienze di scuola, quan-
do un professore nell’ascoltare un ragazzo alzava gli occhi al cielo oppu-
re, spazientito, si abbandonava quasi accasciato dal peso della nostra
ignoranza sulla sedia. Gli studenti interpretano quei segni e, certo, non
sono incoraggiati a parlare.
Molti hanno sperimentato il disagio di
Il silenzio è fronte al funzionario che ti ascolta conti-
nuando a guardare la messaggistica sul
talvolta tacere, cellulare o tamburellando con le dita sul ta-
volo o, più volgarmente, lanciando sguardi
ma è sempre d’intesa a un collega, mentre tu, con ansia,
chiedi un’informazione o un modulo.
ascoltare Qualche volta, nel nostro ascolto, sia-
mo presi dal desiderio di soddisfare rapida-
2 “Il silenzio nel tempo presente è morto, e nessuno sembra disperarsene, avvertirne la perdita. Il
silenzio anzi spaventa e lo si cancella al solo pensiero che possa avvolgerci. Si sente invece il fasci-
no del rumore, di quella presenza continua che forma lo scenario, vero habitat dell’uomo del terzo
millennio. […..] Il senso dell’uomo e del mondo è nel silenzio che non è vuoto, ma la condizione per
un lungo viaggio dentro il proprio esistere e la propria angoscia di esistere, avendo un senso e una
coerenza”. vittorino anDreoLi, su Avvenire, 2.4.1992
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